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I Am Not Your Negro, decostruzione de “l’iconografia black”

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- Il documentario capolavoro di Raoul Peck mostra l’altra faccia della medaglia dell’ideologia imposta dall’ipocrita sogno americano

I Am Not Your Negro, decostruzione de “l’iconografia black”

Diretto dal regista haitiano Raoul Peck, I Am Not Your Negro [+leggi anche:
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è stato presentato a Toronto nel 2016, proiettato al Festival internazionale del cinema di Berlino nella sezione Panorama Dokumente e attualmente ospitato da due festival internazionali del documentario in Belgio: Docville, a Lovanio, dove era il film d’apertura, e Millennium, a Bruxelles. Opera provocatoria e poetica, il film dà vita alle parole di James Baldwin rievocando uno dei suoi testi, rimasto incompiuto. Le pagine del manoscritto sono state affidate dalla moglie dello scrittore a Raoul Peck. L’intento della sua opera era di raccontare la storia dell’America attraverso tre figure chiave del movimento per i diritti civili, assassinati nell’arco di cinque anni: Medgar Evers, Malcolm X e Martin Luther King.

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La riflessione di Baldwin è profondamente incarnata: la personalità dello scrittore è onnipresente, dalla forza delle sue parole alla sua imponenza fisica. Il suo sorriso la dice lunga sulla risposta che egli sbatte in faccia al suo interlocutore, facendolo riflettere sul suo razzismo o sul suo relativismo fuori luogo. La caratteristica voce di Samuel L. Jackson sembra avvolgere ogni frammento del testo. La sua narrazione sulle immagini del funerale di Luther King fa venire il nodo alla gola. Il ritmo delle parole e della musica diventano una cosa sola, accompagnando le inquadrature e le riprese surreali di strade, paesaggi o città, che ci permettono di distogliere l’attenzione da questo flusso continuo di immagini e suoni. Raoul Peck utilizza quella che lui definisce la “sintassi emotiva personale”.

Egli decostruisce “l’iconografia black” introducendo estratti di film o di pubblicità nella narrazione. L’analisi di Peck rivendica la sua soggettività di fronte ai discorsi dominanti imposti dalla società, proponendo nuove prospettive, una nuova luce sulla questione. La palese assenza degli afroamericani sul grande schermo ha consentito allo scrittore, sin da piccolo, di concepire rapidamente quali fossero i poteri in gioco e di capire che la loro raffigurazione era assimilabile a quella degli indiani d’America perseguitati. Le rare volte in cui appaiono sul grande schermo e non sono semplici caricature, i neri, vengono rappresentati come vittime. Vittime che però accettano la loro condizione, prive di ogni spirito rivoluzionario. Nonostante i progressi nella rappresentazione dei neri, le interpretazioni dicotomiche persistono tutt’oggi: una stessa scena, se girata da un regista bianco e avente uno scopo “progressista”, avrà un impatto completamente diverso nel pubblico, proprio per il colore della sua pelle. I neri non tollerano più che il mondo del cinema li privi dei loro attori e li utilizzi solo per scopi moralistici. Il fascino di attori come Brando o Dean viene sfoderato attraverso le immagini dei film. Quello di attori come Sydney Poitier o Harry Belafonte, invece, sembra completamente negato. La malafede dell’industria del cinema annulla la loro sensualità che, al contrario, è indiscutibile. Alla luce di queste false immagini create da quest’unica ideologia, quella dell’ipocrita sogno americano, I Am Not Your Negro ci permette di vedere le cose da un’altra prospettiva.

Una cosa è certa: I Am Not Your Negro non è una passeggiata. Riesce a stimolarci e a metterci alla prova al punto che sarà impossibile non assumersi nessun tipo di responsabilità. Ci invita a riflettere sulla nostra tendenza alla letargia, mettendo in evidenza una delle ultime frasi di Baldwin: “Non tutto ciò che viene affrontato può essere cambiato, ma niente può essere cambiato finché non viene affrontato”. I Am Not Your Negro è un’opera incompiuta e il film pertanto ci spinge a lavorare su noi stessi.

Leggi la recensione completa qui.

Prodotto da Velvet Film (Francia), Artémis Productions (Belgio) e Close Up Films (Svizzera), la vendita internazionale del film è gestita da Wide House.

In collaborazione con

 

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(Tradotto dal francese da Federica Carriere)

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