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VENEZIA 2023 Concorso

Bertrand Bonello • Regista di La Bête

"Cinema e ipnosi vanno d'accordo"

di 

- VENEZIA 2023: Il cineasta francese offre alcune chiavi per decifrare un film soggiogante e molto ambizioso

Bertrand Bonello  • Regista di La Bête

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, Bertrand Bonello partecipa per la prima volta al concorso della Mostra di Venezia. Il regista francese ci dà alcune indicazioni su come decifrare il suo film.

Cineuropa: Come le è venuta l'idea del film, che è un adattamento estremamente libero de La bestia nella giungla di Henry James?
Bertrand Bonello: Volevo confrontare il melodramma con il genere, e questo mi ha riportato a Henry James perché questa novella è uno dei più bei melò possibili sull'idea del fallimento. Perché il melodramma è tutto incentrato sul fallimento. All'interno di questo, volevo anche confrontarmi con il genere, perché trovo che la paura e l'amore vadano molto bene insieme. Un altro desiderio era quello di mescolare le epoche, di lavorare sulla temporalità, cosa che avevo già fatto molto, ma mai fino a questo punto. Volevo anche fare un po' di fantascienza, per questo il punto di partenza del film è il futuro. Ma non pensavo che sarebbe stato così contemporaneo quando l'ho scritto, visto il dibattito che c’è oggi sull'intelligenza artificiale. Tutti questi desideri si sono innestati su un desiderio di base: avere per la prima volta un personaggio femminile centrale.

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Come mai la scelta dei tre periodi: 1910, 2014 e 2044?
Il 1910 è un po' più tardi rispetto al romanzo, ma volevo che fosse un'epoca luminosa, perché crediamo ancora che il ventesimo secolo è meraviglioso. Volevo anche mettere a confronto l'idea di una catastrofe intima con una catastrofe più collettiva, in questo caso l'alluvione di Parigi del 1910. Il 2014, dato che il personaggio interpretato da George MacKay, che si ispira a una persona reale legata a quella data (ndr. l'assassino Elliot Rodger), doveva essere ancora prima del 2018, prima dell'era del Me Too. Ed è anche il momento in cui la catastrofe dell'amnesia causata da tutti questi social network sta creando questo tipo di personaggi negli Stati Uniti. E il 2044, perché volevo che fosse molto vicino al futuro, in modo da poterlo sentire davvero: è domani. Lavorare sulla fantascienza non è facile, e volevo evitare i due approcci più comuni, ovvero l'eccesso di tecnologia e il post-apocalittico. Ho quindi scelto un mondo molto simile a quello attuale, trasformandolo più nelle modalità che nelle immagini: visivamente, ho scelto di svuotarlo piuttosto che riempirlo.

Il film è stato concepito come una sorta di ipnosi?
C'è qualcosa nell'idea di viaggiare, e non solo nel tempo. È anche un viaggio sensoriale, fisico. È un po' come un'ipnosi, ma cinema e ipnosi vanno d'accordo.

Il film è basato sull'idea di ripulire il DNA della protagonista dalle sue vite passate, sfiora il mistico e sembra nascondere molti elementi nascosti. È per gioco?
Ci sono parecchi elementi nascosti. Per me non è solo un gioco. Ho l'impressione che per lo spettatore, anche se non li individua, si creino comunque delle risonanze, cose che non si possono necessariamente nominare, ma che si sentono.

Il personaggio femminile è onnipresente.
Avevo già filmato gruppi di donne ne L’Apollonide [+leggi anche:
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e avevo altri personaggi femminili, ma mai un personaggio femminile centrale in questa misura, che fosse assolutamente presente in ogni inquadratura. Ecco perché ho iniziato il film con questo prologo su schermo verde. È un modo per dire: ecco, il mio soggetto è lei, è Gabrielle, ma è anche Léa Seydoux. Non diventa un documentario su di lei, ma è osservata da tutti i punti di vista.

Sembra un film molto emblematico del suo cinema, in cui camminiamo in un mondo irreale che è tuttavia molto reale. Cosa ne pensa di questo?
Sì. Il mio desiderio come spettatore, almeno quando entro in un cinema, è quello di capire l'inizio del film e di non sapere affatto cosa mi è successo quando esco. C'è una complessità in questo film, ma allo stesso tempo non sono mai stato così semplice nelle emozioni: amore, paura, cose così dirette, non l'avevo mai fatto prima. Quindi tutti i sentimenti sono abbastanza reali, poi è il trattamento che lo rende un po' irreale.

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(Tradotto dal francese)

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