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LOCARNO 2018 Piazza Grande

Bruno Dumont • Regista

"Non voglio perdere il mio pubblico, ma nemmeno che il mio lavoro segua binari già tracciati"

di 

- LOCARNO 2018: Abbiamo incontrato uno dei registi francesi più importanti e dinamici nel panorama attuale, Bruno Dumont, per parlare della sua nuova serie e dei progetti futuri

Bruno Dumont  • Regista
(© Locarno Film Festival/Samuel Golay)

Bruno Dumont sta probabilmente attraversando il suo periodo professionale più fecondo e attivo. P’tit Quinquin [+leggi anche:
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 è cresciuto, e la seconda stagione della sua apprezzatissima serie TV, Coincoin et les Z’inhumains [+leggi anche:
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, ha debuttato in anteprima mondiale nella Piazza Grande del Festival di Locarno. È in preparazione il sequel del suo Jeannette, l’enfance de Jeanne d’Arc [+leggi anche:
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intervista: Bruno Dumont
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, il primo episodio della serie dedicata a Giovanna d’Arco, che si intitolerà Jeanne. Inoltre, Dumont ha ricevuto il Pardo d’Onore come premio alla carriera. Ci facciamo raccontare i dettagli durante la nostra conversazione con uno dei registi francesi più importanti e attivi del momento.

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Cineuropa: In P’tit Quinquin, il male appare dai margini della città; ora, in Coincoin, siamo di fronte ad un attacco che viene dallo spazio. Perché ha avuto bisogno di allargare così tanto l’obiettivo?
Bruno Dumont:
 Mi piace l’energia del film. Ho cercato di mantenere il mistero e la comicità, e avere qualcosa di fuori dall’ordinario che arriva dallo spazio profondo aggiunge un pizzico di pepe al risultato finale.

Diventa anche molto più politico, con riferimenti al Raggruppamento Nazionale, alla crisi dei migranti e perfino agli scandali sessuali della Chiesa. Vuole essere un commento a ciò che succede oggi in Francia?
A me interessano i meccanismi del cinema, non quelli della politica. Ma qualunque meccanismo ha bisogno di un po’ d’olio per ingranare. Quindi la politica è questo: un po’ di sapone nella macchina per farla funzionare bene. Quando ho scritto il copione erano le questioni di cui si parlava di più: l’identità nazionale, i migranti a Calais e la rivoluzione sessuale. Da filosofo e regista, voglio scavare a fondo, non grattare la superficie, e la politica è piuttosto superficiale.

Lei è sempre stato considerato un autore con ammiratori devoti. Pensa che queste serie abbiano reso il suo lavoro accessibile ad un pubblico più vasto?
Non è una cosa a cui abbia pensato molto, in realtà. Tutti si aspettano che le commedie siano più popolari delle tragedie, ma io non credo sia una questione essenziale. Non mi fraintenda: ovviamente desidero essere accettato dal pubblico. Ma al giorno d’oggi è molto più difficile raggiungere le persone, soprattutto con i drammi, quindi è sempre più semplice farlo con la commedia. È più efficace porre le stesse questioni etiche con un approccio divertente, piuttosto che farlo con la tragedia. Peraltro, in questo momento sto lavorando sul sequel di Jeannette, che non sarà per niente divertente: pura tragedia. Ma più avanti potrei girare un dramma psicologico o qualcosa di “normale” giusto per cambiare un po’, e poi potrei stancarmi e fare qualcosa di totalmente diverso [ride]!

Può rivelarci qualcosa su Jeanne?
Stiamo per iniziare le riprese, e cambierò un po’ i parametri, rispetto a Jeannette. Userò lo stesso approccio che ho adottato per le serie: il risultato sarà simile ma evoluto nel tempo. La storia è arcinota, ovviamente, e tutti sanno come va a finire, quindi sceglierò un focus diverso, un po’ come prendere un quadro e ridipingerlo. Il tema è secondario; ciò che mi interessa è l’aspetto filmico di Giovanna d’Arco. Abbiamo scritturato una ragazzina di dieci anni per il ruolo di una ragazza di 18, e questo cambierà il nostro modo di vedere la storia. Esistono già molti film su di lei, ma in nessuno sul rogo finale c’è una bambina di dieci anni, e credo che questo cambierà lo sguardo dello spettatore. Abbiamo già fatto qualche prova costume: una ragazzina con una mini-armatura e una spada fa un effetto incredibile, ed è su questo che baserei i cambiamenti. Anche i mezzi di espressione saranno diversi. Potrei usare le canzoni di Christophe, buona idea [ride]. C’è molta differenza con i pezzi di elettronica sperimentale di Jeannette. Sono cambiamenti o evoluzioni simili a quelli che si notano tra Quinquin e Coincoin.

Solitamente i premi alla carriera vengono dati a registi meno attivi. Si sente addosso delle aspettative, ora?
No, è confortante! Ti senti sempre insicuro, ti viene da chiederti “Ho scelto la strada giusta? Sono riuscito in qualcosa?”. Ora so che posso continuare sui miei passi. Non voglio perdere il mio pubblico, ma nemmeno che il mio lavoro segua binari già tracciati. Quando qualcuno mi consegna un premio significa che posso insistere in una direzione, andare avanti. O almeno è così che io interpreto la cosa. In più, per i giovani autori che magari vogliono fare un percorso simile è una sorta di rassicurazione: il cinema d’autore è universalmente riconosciuto. Locarno sta trasmettendo un bellissimo messaggio.

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(Tradotto dall'inglese)

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