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Domenico Dinoia • Presidente, FICE - Federazione Italiana Cinema d’Essai

“L’offerta c’è ma il sistema distributivo non fa crescere il mercato”

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- Domenico Dinoia, presidente di FICE, commenta gli ottimi risultati ottenuti a inizio anno dai film d’autore fa una comparazione con gli altri Paesi europei

Domenico Dinoia • Presidente, FICE - Federazione Italiana Cinema d’Essai

A un mese di distanza dalla diffusione dei dati negativi del mercato cinematografico 2017, il presidente della FICE - Federazione Italiana Cinema d’Essai, Domenico Dinoia, parla di “una piccola rinascitadel cinema italiano e, più in generale, del cinema d’autore”. Cosa è successo? “Niente di particolare, verrebbe da dire, se non il fatto che l’affetto del pubblico per il cinema di qualità non è mai mancato. A patto che non manchi l’offerta”.

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, Gabriele Muccino e Marco Tullio Giordana, l’offerta in sala di questo inizio anno per Dinoia “dimostra quindi quanto il pubblico sia sempre attento ad intercettare il buon cinema. Ma ottimi risultati hanno ottenuto anche film d’essai europei e extraeuropei di grande qualità, come The Square [+leggi anche:
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, The Post e, siamo sicuri, La forma dell’acqua”.

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Cineuropa: I Dati 2017 hanno comunque destato allarme.
Domenico Dinoia:
Siamo passati da 105 milioni di spettatori del 2016 a 92 del 2017, cioè il 13% in meno. Che è tanto, soprattutto paragonato con gli altri Paesi europei, perché siamo gli unici che sono andati così sotto. La Spagna non è andata così male come l’Italia, la Francia ha riconfermato i suoi oltre 200 milioni di spettatori, l’Inghilterra è crescita ancora, così la Germania. Dunque non è vero che in tutto il mondo nessuno va più a cinema  perché sono arrivate Netflix, Amazon e altri. Senza menzionare la Cina dove continuano ad aprire sale ogni giorno!

Però in molti Paesi europei la gente va a vedere il cinema nordamericano, la quota di mercato nazionale è bassa.
Nel 2017 abbiamo la quota di cinema italiano che è scesa, mentre quella europea si è mantenuta stabile. Abbiamo perso il 13% degli spettatori sostanzialmente perché non ci sono state delle commedie italiane particolarmente forti come negli anni precedenti, ma questo non basta a spiegare il calo. Il motivo è di carattere strutturale: c’è un sistema distributivo che non fa crescere il mercato, perché concentra i film su alcuni mesi. Tutti quanti, compresi film di qualità, quelli di produzione italiana. Arrivati ad aprile, si ferma tutto. E’ evidente che un mercato concentrato solo su sei, sette mesi, difficilmente può raggiungere risultati di box office soddisfacenti. Il confronto con gli altri Paesi europei va fatto nei mesi di maggio, giugno, luglio, agosto. Sono questi quattro mesi che determinano la grande differenza. Dunque in Italia il cinema muore non perché la gente non va in sala ma perché i film semplicemente non ci sono. La Spagna nei tre mesi estivi del 2017 ha fatto 170 milioni di euro, l’Italia 60 milioni. Concentrare tutti quei film nel periodo natalizio, per esempio, non garantisce un reale sfruttamento al film, costringono gli esercenti a subire pressioni. In Italia la grande maggioranza delle sale è monoschermo o a due, tre ,cinque schermi al massimo. Con l’attuale sistema distributivo c’è un’offerta superiore alle capacità delle sale, che ti costringere a scegliere un film piuttosto che un altro.

La nuova Legge sul Cinema può correggere queste storture e invertire la tendenza?
La nuova normativa interviene su molti aspetti, cerca per esempio di incentivare le uscite nel periodo estivo dando un credito d’imposta superiore sia al distributore che agli esercenti. Ma una legge non può intervenire e costringere i distributori a portare in sala il blockbuster nel periodo estivo, come negli altri Paesi. Ma il cinema nazionale non può sperare ogni anno che esca il film che faccia la differenza. Su 536 usciti nel 2017, 218 erano italiani, quanti hanno trovato spazio?

E dal punto di vista dell’educazione all’audiovisivo?
Nella legge c’è una parte dedicata a questo, si tratta di capire se ci saranno i finanziamenti per dare corso a dei progetti veri e propri con le scuole. In Francia l’intervento statale si concretizza con un collegamento diretto con la sala. Gli studenti devono vedere i film nelle sale, come elemento di socialità, di ricerca culturale nella città. Su questo si gioca il futuro del pubblico, in un Paese in cui la pirateria audiovisiva è molto alta.

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