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Vicente Alves do Ó • Regista

“Volevo avvicinarmi il più possibile alla vera essenza dei personaggi”

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- Abbiamo incontrato il regista portoghese Vicente Alves do Ó, il cui nuovo film, Al Berto, è una biografia dell’omonimo poeta portoghese durante la sua permanenza a Sines

Vicente Alves do Ó  • Regista
(© Vitorino Coragem)

Qualunque cosa sia successa al poeta portoghese Al Berto a Sines, è rimasta a Sines – almeno fino ad ora. Il nuovo film del regista Vicente Alves do Ó, Al Berto [+leggi anche:
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, prende in esame quel periodo formativo – ancora in parte sconosciuto – nella vita del poeta, che coincide anche con la rinascita del Portogallo dopo 40 anni di dittatura. Cineuropa ha intervistato il regista-sceneggiatore, i cui film biografici (Al Berto è il secondo, dopo Florbela [+leggi anche:
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del 2012) hanno l’obiettivo di gettare nuova luce sull’anima di personaggi realmente esistiti.

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Cineuropa: Quant’è stato impegnativo scrivere e dirigere un film su persone a te così vicine?
Vicente Alves do Ó:
È stato un processo lungo e difficile. Il mio fratellastro è morto sette anni fa e possiedo tutti i suoi effetti personali. La sceneggiatura si basa principalmente sui suoi diari. C’erano anche testi dedicati ad Al Berto e testi scritti da Al Berto stesso – per lo più lettere. Conoscendo entrambi, ho potuto sentire la loro voce mentre leggevo tutto questo materiale. È stato difficile mantenere una distanza. Tutto quello che si vede nel film è tratto da fatti realmente accaduti – la loro storia d’amore, il cavallo nel palazzo, il circo, le feste, il disagio che hanno creato… Il mio problema più grande è stato selezionare quello che volevo girare. Avrei potuto fare un film di cinque ore per tutte le cose che sono successe.

Veniamo a conoscenza di un altro lato del poeta – uno più allegro – che è molto diverso dall’immagine dell’autore riflessivo che traspare dai suoi scritti.
Ho cercato di avvicinarmi il più possibile all’immagine che avevo di lui. Era un uomo forte ed era sempre l’anima della festa. In realtà, c’erano tre Al Berto: il personaggio pubblico, quello privato e quello letterario. Lui era tutto questo, sebbene possa sembrare assurdo. Non volevo mostrare tutta la sua complessità e in maniera esplicita, ma piuttosto fornire brevi cenni per far capire chi fosse. Tutti gli aspetti della vita di Al Berto sono qui presenti: il padre, la famiglia, Bruxelles, il figlio che non ha mai conosciuto – ma niente di tutto questo è rappresentato in maniera esplicita.

Era necessario che il film aggiungesse qualcosa a quell’ immagine cupa, piuttosto che focalizzarsi sul personaggio letterario. Altrimenti non avrebbe avuto alcun senso. La sceneggiatura funziona come una sorta di rito di passaggio e finisce con l’ingresso di Al Berto in una fase più buia, a cui la gente tende ad associarlo. Non ero interessato a quello che è successo dopo – tutti sanno cos’è accaduto. Il suo periodo a Sines e il suo scontro con il Portogallo dopo il periodo a Bruxelles sono molto più interessanti. Si tratta di quando abbandona la pittura per la poesia e quando vive la sua grande storia d’amore. Credo che questo periodo sia stato fondamentale nella sua vita, e risuona in tutti i suoi scritti.

In una scena, una prostituta dice ad Al Berto “Hai vissuto all’estero e hai visto il futuro. Ma il futuro non è ancora arrivato qui”. Il film tratta anche l’incapacità di una piccola città (e di un paese) di accogliere il cambiamento?
L’arrivo di Al Berto è stato assolutamente un’ispirazione per la gente del luogo interessata alle arti. C’era un’idea di libertà nell’aria, che improvvisamente si diffuse in molte persone. Ma il loro stile di vita era oltraggioso per tanti altri. La Rivoluzione dei garofani dichiarò ufficialmente uno stato di libertà, ma, in termini pratici, la gente non sapeva come essere libera. Non gli era stato insegnato e non sapevano cosa fare con la libertà delle altre persone. Erano molto critici e volevano conformare gli altri alla loro mentalità. Penso che il film sia importante, perché anche oggi la gente continua ad avere problemi di questo tipo.

Hai lavorato per la prima volta con il direttore della fotografia Rui Poças (da Zama [+leggi anche:
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di Lucrecia Martel). Com’è stata questa collaborazione?

Volevo lavorare con lui da un po’ e aspettavo il progetto adatto per farlo. È riuscito a creare un’immediata empatia con i personaggi e con le tematiche. Un grande direttore della fotografia non è solo un uomo che conosce gli aspetti tecnici; è qualcuno che capisce la narrazione e ne entra in contatto. In tal senso, è stato splendido lavorare con lui. Ha rispettato il mio linguaggio, ma ha anche portato il suo mondo nel film. È stata una vera collaborazione.

I film biografici non sono un genere molto comune nel cinema portoghese, ma tu ne sembri molto legato. Questo è la tua seconda pellicola – di nuovo su un poeta. Cosa ti affascina?

Quando faccio film biografici, mi interessa di più trasmettere cosa quei personaggi fossero nel profondo, piuttosto che rappresentare la loro vita in maniera cronologica. Voglio avvicinarmi il più possibile alla loro essenza e offrire qualcosa che non fa parte dell’immaginario collettivo, facendo emergere nuove prospettive su questi personaggi. Spero che il mio film faccia scoprire Al Berto alle nuove generazioni.

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(Tradotto dall'inglese da Giulia Gugliotta)

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