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Daniel Monzón • Regista

"Ringrazio il cinema per tutto quello che mi ha fatto vivere"

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- Il premiato regista di Cella 211 firma El niño, un film d'azione girato nello Stretto di Gibilterra con attori esordienti al fianco di interpreti affermati come Luis Tosar e Sergi López.

Daniel Monzón  • Regista

Cineuropa: Come sono state girate le scene d’azione più dinamiche? Daniel Monzón: Sono state girate dal vero, senza effetti digitali: non c’è trucco e non c’è inganno. Io e la mia squadra siamo stati su una barca al fianco di quella degli attori, nella stessa barca dei protagonisti, con l’elicottero che incombeva dall’alto, sullo stesso elicottero, da ogni lato… e abbiamo ricevuto mille colpi.

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ha una fattura maestosa, con quelle inquadrature marittime così spettacolari…

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Sì, lo è. Tutto è nato con Jorge Guerricaechevarría, il co-sceneggiatore: lo incuriosivano quei ragazzi che trasportano hashish su motoscafi nello Stretto di Gibilterra. Che cosa c’è dietro di loro? Che cosa li muove? Siamo andati al sud e abbiamo indagato per otto mesi: tutto ciò che si vede nel film nasce da conversazioni avute con agenti della dogana, polizia, guardia civile e gomeros, come vengono chiamati coloro che guidano i motoscafi. Ci hanno raccontato storie di narcotraffico da molte parti del mondo, soprattutto dagli Stati Uniti e la frontiera del Messico, e tutte molto tragiche… Ma qui i ragazzi vi entrano a far parte con un’incoscienza incredibile, come se fosse un gioco, e con lo spirito andaluso. Gente con una capacità di narrare fuori dal comune, che ti cattura quando ti racconta le sue avventure… Abbiamo pensato che questo dovesse essere il tono: è una storia di ragazzi che fanno questo per le ragioni più frivole, entrando in un terreno molto pericoloso.

Lo scenario è oltretutto ricco di simbolismo…

Lo Stretto è praticamente vergine per il cinema: è stato mostrato poco in questo modo. Abbiamo inoltre colto la ricchezza dei paesaggi e i suoi contrasti brutali: il regno del Marocco di fronte all’Europa, Gibilterra – che è Inghilterra – con la sua frontiera, Ceuta e Melilla, i quartieri depressi e le zone ultra lussuose... Non c’è frontiera più bruta di questa, dove due continenti e tre paesi incidono su appena quattordici chilometri.  

Ci sono quindi postazioni in tutti questi luoghi?

Le frontiere che si vedono nel film sono reali. E’ stato un lavoro d’arte e produzione enorme. Abbiamo agito a livello politico per permetterci di girare nei luoghi pertinenti: vigilanza doganale, Gibilterra, la frontiera di Ceuta... una cosa insolita. Sono state otto settimane di riprese, di cui tre in mare, nella primavera dell’anno scorso: la luce più interessante dello Stretto è quella, perché quella dell’estate è troppo forte e in ottobre solitamente piove. Sempre lì c’è il confine tra il mare e l’oceano, e questo genera tempeste e nebbie improvvise che si sono verificate in vari giorni fondamentali di riprese. Sì, è stato un film divertente: non ci è mancato nulla…

El niño è una coproduzione con la Francia?

C’è una coproduzione francese, in effetti: La Ferme Productions e StudioCanal, che gestisce le vendite internazionali e ha agito come coproduttore perché ha investito molto denaro da quando abbiamo presentato il film a Cannes ed è stato acquisito per le sale in Francia, Inghilterra e Germania, e altri paesi di Asia ed Europa. Oltre a Eurimages, che ha dato la massima dotazione a tre pellicole: Nymphomaniac [+leggi anche:
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e El niño.

E’ emozionato per questa uscita dopo l’enorme successo di Cella 211 [+leggi anche:
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?

Lo sono stato quando Cella è uscito in tutto il mondo e ho ricevuto offerte da Hollywood, che ho rifiutato sistematicamente: mi dicevo, che cosa faccio io lì? Poi il film ha vinto una montagna di premi e me la sono goduta. In quel momento ho pensato: che cosa farò dopo?... Però ho avuto molto tempo per assimilare. E fino a quando non ho sentito che qualcosa mi appassionava intensamente, non mi ci sono dedicato. Sono soddisfatto di El niño: il processo è stato bello e appassionante, per questo desidero con tutto me stesso che piaccia al maggior numero di persone. Faccio film perché devo ringraziare il cinema per quello che mi ha fatto vivere quando ero piccolo… E’ stato la mia educazione sentimentale, il mio amico, il mio fazzoletto per le lacrime, il mio tutto. Niente mi rende più felice del fatto che un mio film possa produrre nel pubblico emozioni come quelle che hanno prodotto in me i film degli altri.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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