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“Lavoriamo allo sviluppo della filiera distributiva e l’internazionalizzazione del documentario”

Rapporto industria: Documentario

Francesco Virga • Presidente, Doc/it

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Abbiamo parlato con il produttore e presidente dell’associazione della sua agenda per promuovere e sostenerne il cinema documentario

Francesco Virga • Presidente, Doc/it

A fine novembre, nell’ambito di Torino Film Industry si è tenuta la 17ma edizione di Italian Doc Screenings, organizzata da Doc/it - Associazione Documentaristi Italiani. I partecipanti selezionati al training IDS Academy hanno presentato i propri progetti di documentario in una sessione di pitch a produttori ed esperti del settore. Assegnati inoltre i Doc/it Professional Award e proposti due panel sulla distribuzione in sala e la coproduzione seriale. Ne abbiamo parlato con presidente dell’associazione, il produttore Francesco Virga.

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Cineuropa: Doc/it ha un’agenda molto fitta per promuovere e sostenerne il cinema documentario.
Francesco Virga: Le attività culturali di Doc/it vanno di pari passo con quelle politiche e mentre l'associazione è impegnata a discutere con il governo sul tavolo del tax credit, del documentario e del “contratto il servizio”. Lavorariamo per un innalzamento dello standard qualitativo sia della produzione che della creazione ma anche dell'internazionalizzazione.  Osserviamo un po’ tutta la filiera: i tavoli che ho citato sono comprensibilmente centrati sulla produzione, quindi sui fondi per produrre, ma in realtà uno degli aspetti centrali del comparto del documentario è la difficoltà della distribuzione. Oltre alle attività storiche come la DS Accademy - che è un training rivolto agli autori per sviluppare creativamente i progetti e poi farli incontrare con i produttori – a Torino abbiamo organizzato dei panel. Tutte queste attività pubbliche sono un calcio d'inizio per coinvolgere personalità, gruppi, altre associazioni o singole esperienze che abbiano motivo di interesse per i temi trattati. Il panel sulla distribuzione ha riunito esercenti, distributori, venditori internazionali e naturalmente i membri dell'associazione. A Torino abbiamo inaugurato un gruppo di lavoro che formuli delle proposte: da una parte, proposte al Ministero per il sostegno della filiera distributiva per il documentario e contemporaneamente per individuare le esperienze già in atto che all'interno di questa filiera possano generare circuiti virtuosi - come nuove forme distributive, nuovi patti tra distributori e esercenti.

Inoltre abbiamo tenuto un panel sulla convenzione europea sulle serie, che naturalmente coinvolge anche le serie documentarie, con una case history sul valore dei supporti di Eurimages e un punto di vista molto interessante da parte di European Producers Club. Se questa convenzione dovesse andare in porto porterebbe obiettivamente dei cambiamenti a favore dei produttori indipendenti. Ad esempio, il rapporto di forza sui diritti con le piattaforme. 

Con Anica, Apa, CNA Cinema e Audiovisivo e Agici, avete partecipato anche ad un panel di Torino Film Commission sugli elementi di crisi del sistema e su come si possano superare. La vostra posizione?
Io credo che Doc/it abbia fatto delle proposte trasformative realistiche, sottolineando allo stesso tempo quali sono i veri problemi del nostro settore: la polarizzazione del sostegno pubblico nelle mani di pochi produttori, tutta l’attenzione rivolta verso la filiera industriale e scarsa attenzione verso quella artigianale, dove si collocano naturalmente i produttori di documentari.

Quale è la situazione italiana sul fronte molto importante delle coproduzioni?
L'internazionalizzazione è uno degli elementi centrali per il nostro sistema: in Italia ci sono relativamente meno fondi per il documentario che in altri Paesi, quindi è normale che i produttori abbiamo spesso cercato altre risorse, soprattutto con la Francia o con i canali anglosassoni. In questo modo si creano rapporti con altri sistemi produttivi e un altro pubblico.  Il nostro è un comparto in cui si coproduce molto e storicamente c'è una grande partecipazione ai mercati di coproduzione internazionali, ai pitching forum internazionali.  Certamente si può fare di più per sostenere questo sforzo. I produttori di documentari utilizzano molto anche i fondi europei e questo testimonia il livello di internazionalizzazione. Il mondo del documentario è molto composito e noi stiamo cercando di sviluppare insieme all’Università Cattolica di Milano una ricerca per mappare questo universo e poter fare poi delle proposte alla politica che siano coerenti con gli scenari reali.    

A Torino avete premiato i documentaristi Stefano Savona, Chloé Barreau e Valentina Bertani.
Il Doc/it Professional Award che abbiamo dato a Torino ha premiato gli autori e anche i produttori perché è accreditante per i contributi automatici. Sono autrici e autori che, oltre ad avere un livello qualitativo straordinario, proteggono e sviluppano quella che noi chiamiamo la biodiversità creativa, la parte più viva del documentario italiano. In questi anni c’è stata una grande trasformazione di linguaggio e di generi che talvolta ha permesso di raggiungere un pubblico più ampio, anche a prezzo di standardizzazioni linguistiche che forse non sono così necessarie. Il Doc/It Women Award, assegnato a Venezia alla produttrice Serena Gramizzi di Bo Film, è per il miglior progetto in sviluppo. Investire sullo sviluppo è un messaggio che diamo non solo alla nostra comunità ma anche agli interlocutori del ministero e della RAI, per avere un pubblico più soddisfatto e una circolazione nazionale e internazionale più estesa.

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