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Coordinatori d’intimità: utili o indispensabili?

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- Durante il primo ANICA Talk del 2024, gli addetti ai lavori hanno potuto riflettere sul potenziale di questa nuova figura professionale

Coordinatori d’intimità: utili o indispensabili?
(sx-dx) Piera Detassis, Francesco Vedovati, Vittoria Puccini, Luisa Lazzaro, Edoardo De Angelis e Chiara d'Alfonso nel panel (© ANICA)

Martedì 16 gennaio si è svolto il primo ANICA Talk dell’anno, intitolato “Intimacy Coordinator in Action” e volto a far conoscere meglio il ruolo del coordinatore d’intimità (IC) agli addetti ai lavori e riflettere sul potenziale di questa figura professionale emergente all’interno dell’industria audiovisiva italiana.

L’evento, moderato dalla Presidente e Direttrice Artistica dell’Accademia del Cinema Italiano Piera Detassis e tenutosi a Roma presso la sede dell’ANICA, ha visto la partecipazione dell’Head of Production di Netflix Italia Chiara d’Alfonso, del regista Edoardo De Angelis, dell’attrice e presidente dell’Unione Nazione Interpreti Teatro e Audiovisivo Vittoria Puccini, del casting director Francesco Vedovati e dell’IC Luisa Lazzaro (una delle prime italiane a ricevere una certificazione professionale, conseguita all’estero).

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Recentemente, due corsi hanno incominciato a formare i professionisti italiani: uno organizzato da Intimacy Coordination Italia in collaborazione con Amazon Prime Video; l’altro direttamente da ANICA Academy ETS, partito il 29 settembre e con a bordo Sky Italia come sponsor e partner ed il contributo di Sky Studios e Netflix.

Dopo i ringraziamenti in apertura del Presidente di ANICA Francesco Rutelli, della Segretaria Generale Francesca Medolago Albani e del Direttore di ANICA Academy ETS Sergio del Prete, Detassis ha chiesto a Lazzaro di spiegare da cosa nasce l’esigenza di avere un coordinatore d’intimità sul set, citando i cinque “pilastri” della professione, ovvero “contesto, consenso, comunicazione, coreografia e risoluzione.”

Lazzaro ha sottolineato come la figura dell’IC emerge in risposta alla necessità di “maggiore comunicazione e trasparenza” per arrivare sul set “senza sorprese”, con un lavoro che parte già dalla lettura della sceneggiatura e si basa molto sul prevedere e mitigare situazioni di rischio.

Durante il suo contributo, Vedovati ha definito la presenza dell’IC come una “forte rassicurazione” e parlato dell’implementazione dei protocolli per i casting, inteso come un sistema efficace di protezione e difesa degli interpreti. Si tratta di linee guida che mirano a fornire massima trasparenza fin dal principio su ciò che verrà richiesto durante la prima audizione, i successivi callback e, infine, sul set.

Puccini ha confermato come la presenza dell’IC sia stata espressamente citata all’interno del contratto collettivo per gli interpreti dell’audiovisivo recentemente siglato, definendola una conquista significativa per la categoria: “Si tratta di una figura che sta a cuore a tutti. Pensiamo alle giovani attrici e ai giovani attori che hanno meno confidenza col set o anche coloro che hanno carriere più durature ed affermate. Il lavoro può prevedere situazioni di disagio ed imbarazzo che portano l’attore a bloccarsi e a non lasciarsi andare, nel senso buono del termine: ovvero fare ciò che è richiesto dal personaggio e dalla sceneggiatura.”

Ha poi preso la parola De Angelis: “Sicuramente su un set tutto ruota intorno alle attrici e agli attori. Noi ci prodighiamo affinché persone che devono esprimersi attraverso il corpo e il volto siano nelle migliori condizioni possibili. La nostra relazione si basa su una forma di rispetto, un valore che si cerca sempre di preservare. Ma ognuno di noi lo fa in maniera empirica. Non esistono ancora protocolli anche se la legge è già un punto di riferimento. In questo senso, il protocollo per i casting è benvenuto.”

De Angelis ha riconosciuto l’utilità della presenza degli IC sul set, non limitandola a scene legate alla sfera sessuale, ma anche a quelle dotate di una forte carica emotiva. Inoltre, ha rimarcato l’importanza di stabilire regole chiare per impostare le loro relazioni con registi ed attori e per creare un ambiente di lavoro virtuoso.

D’Alfonso ha posto l’accento sull’IC come “facilitatore” e lo ha anche paragonato allo stunt coordinator, la cui presenza è indispensabile nel momento in cui si decide di girare scene d’azione. Pur rifuggendo logiche impositive, d’Alfonso ha affermato come le piattaforme siano arrivate ad un punto in cui era necessario avere questa figura e creare consapevolezza in Italia dopo l’esperienza maturata dal ruolo oltreoceano.

Lazzaro è reduce dal set di Supersex, il quale l’ha vista impegnata a produzione già avviata con interpreti e non professionisti di diverse età ed esperienze. Ha anche accennato all’esperienza vissuta in giornata su un altro set, ovvero una scena di seminudo girata in una location esterna: “La mia presenza ha permesso di mettere in luce alcuni aspetti che potrebbero essere facilmente dimenticati: il fatto di fare attenzione ad occhi esterni che non invadessero la scena, assicurandosi che fosse un momento davvero intimo e riservato alle persone strettamente necessarie in quel frangente, è stato essenziale. [..] La mia presenza e la comunicazione della natura delicata della scena ha avuto un impatto notevole su tutti: è stato come un effetto domino. Non solo l’attrice si è sentita sostenuta nel girare una scena che metteva in mostra la sua vulnerabilità perché era abbastanza intensa, ma anche sul resto del set ha creato un’armonia generale.”

L’evento si è chiuso con un Q&A durante il quale sono stati dibattuti altri temi tra questi la necessità di evitare che il rapporto squilibrato tra produzione e attori faccia temere a questi ultimi di richiedere la presenza (e relativo costo aggiuntivo) dell’IC ed il bisogno di una figura che si occupi del benessere psicofisico del resto della troupe, già presente in ambito anglosassone con il nome di wellbeing facilitator.

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