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Andrea De Sica • Regista

“Ho deciso di fare un altro tipo di cinema, il mio”

di 

- Andrea De Sica parla con Cineuropa del suo primo lungometraggio, I figli della notte, presentato in anteprima al Festival Internazionale del Film Fantastico di Bruxelles

Andrea De Sica  • Regista
Andrea De Sica al BIFFF (© BIFFF/Francesco Serafini)

Andrea De Sica – nipote del grande Vittorio De Sica e figlio di Manuel De Sica, musicista specializzato in colonne sonore – ha presentato il suo primo lungometraggio, intitolato I figli della notte [+leggi anche:
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intervista: Andrea De Sica
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, in anteprima internazionale al Festival Internazionale del Film Fantastico di Bruxelles. Il film, una coproduzione italo-belga, racconta la storia di Giulio (Vincenzo Crea), diciassettenne che riesce a sopravvivere alla solitudine e alla ferrea disciplina di un istituto per rampolli dell’alta società grazie all’amicizia con il compagno di collegio Edoardo (Ludovico Succio). De Sica ha parlato del film con Cineuropa.

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Cineuropa: Lei ha già diretto un buon numero di cortometraggi, serie TV e documentari. Quando ha capito che era il momento giusto per esordire con un lungometraggio?
Andrea De Sica:
L’idea mi è venuta molto tempo fa. Venendo da una famiglia importante per il cinema italiano, sentivo questa specie di responsabilità sulle mie spalle e volevo prepararmi al meglio per girare il mio primo film. Le serie che avevo diretto erano destinate a un pubblico di bambini e realizzate con attori tredicenni. Un’esperienza che mi ha arricchito molto, ma dopo la quale ho cominciato a pensare di fare un lungometraggio. Ci è voluto del tempo prima di trovare un produttore e i finanziamenti e prima di riuscire a scrivere una sceneggiatura accettabile… L’intero processo è durato quattro anni, ma è una trafila che accomuna tutti coloro che, al giorno d’oggi, vogliono girare un’opera prima.

Dove nasce l’ispirazione per I figli della notte?
Nasce da un mio conoscente che è stato in un collegio. Un tipo misterioso, carino, elegante, davvero una persona meravigliosa. Ma una notte ha perso la testa e ha quasi ucciso un altro ragazzo. Ero talmente scioccato che ho iniziato a chiedermi cosa potesse essergli accaduto durante gli anni trascorsi nell’istituto. Da lì è sorta la voglia di esplorare questo mondo e provare a capire come possa essere l’infanzia di un futuro dirigente e il percorso che lo conduce a diventare un leader.

Come sono andate le riprese?
Le riprese sono state faticose per la presenza di attori così giovani: è stato stressante dover gestire i diversi ruoli e le differenti atmosfere del film. Inoltre nelle esterne si gelava per la neve. Abbiamo fatto attenzione a non calcare i toni in senso troppo ironico o melodrammatico. È stata comunque un’esperienza fantastica, perché eravamo completamente isolati e abbiamo dormito tutti insieme nell’albergo [il collegio].

Come ha scelto l’attore per il ruolo di Giulio?
Ho scelto lui perché è riuscito a calarsi perfettamente nel personaggio, forse aiutato dal fatto di essere davvero giovane e di provenire da quel tipo di ambiente. Vicenzo Crea è in realtà molto diverso da Giulio, ma da qualche parte dentro di sé ha la sua stessa forza; è capace di trasformarsi da ragazzo di buona famiglia, normale ed elegante, in un autentico cattivo, e questa sua abilità è stata per me molto interessante.

Ha composto lei stesso le musiche. Quale è stato il processo di composizione e che ruolo ha la musica nel film?
La musica scandisce il tono del film. L’obiettivo era quello di creare attraverso la melodia un’ambientazione spaventosa e carica di tensione. Credo che l’arrangiamento dia una certa coerenza alla pellicola e tracci un sentiero grazie al quale lo spettatore può immergersi facilmente nella trama. Quando ho cominciato a comporre, non sapevo nemmeno cosa volesse dire firmare una colonna sonora. Poi ho comprato un sintetizzatore e ho iniziato a suonare. Dopo un mese ho inviato il demo al mio produttore, che ha reagito con entusiasmo, quindi sono andato avanti. Ad ogni modo, non so se lo rifarei: mi sono sentito molto più responsabile nel realizzare la colonna sonora che nel dirigere il film.

Suo padre è stato anche compositore e suo nonno un celebre regista. Ha in qualche modo tratto ispirazione dal loro lavoro?
Mio padre era per me una sorta di guru. Tutte le mie conoscenze in fatto di cinema provengono da lui. Non ho mai conosciuto mio nonno, ma da quando sono nato percepisco la sua presenza attorno a me. In ogni luogo del mondo in cui mi ritrovo egli è ricordato come un mito o una leggenda. Adoro i suoi film. Lo considero uno dei migliori cinque registi della storia del cinema. Tuttavia, non ho mai voluto compararmi a lui, ragione per cui ho deciso di fare un altro tipo di cinema, il mio. Credo che la cosa più importante sia seguire la propria strada e mostrare il proprio modo di dirigere. Realizzando i miei corti e documentari ho sviluppato un mio stile personale.

Ha avuto difficoltà nella ricerca di fondi?
È sempre difficile quando si inizia, perché nessuno ti conosce. Ma sono stato fortunato ad avere dei buoni produttori, la coproduzione è andata bene e Vivo Film ha lavorato in modo eccellente. Avevamo dalla nostra parte anche Eurimages e altri finanziamenti provenienti dall’Italia, quindi considerando che si tratta di un esordio, direi che trovare i soldi non ha sollevato grandi complicazioni e spero che con il mio secondo lungometraggio andrà ancora meglio. Il processo è stato comunque lento: bisogna avere pazienza, soprattutto in Italia.

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(Tradotto dall'inglese)

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