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TORONTO 2017 Discovery

Recensione: Gutland

di 

- TORONTO 2017: Il regista esordiente lussemburghese Govinda Van Maele tratta la questione dell’intolleranza europea verso lo straniero, in un paesaggio oscillante tra realtà e finzione

Recensione: Gutland
Frederick Lau in Gutland

Il regista e sceneggiatore lussemburghese Govinda Van Maele ha vinto diversi premi con i suoi corti Josh (2007), A Day in the Open (2012) e You Go Ahead (2013), e nel 2011 ha diretto il documentario musicale We Might As Well FaiI. Il suo primo lungometraggio, Gutland [+leggi anche:
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, ha avuto la sua prima mondiale nella sezione Discovery del 42° Festival di Toronto.

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Nel mezzo della stagione del raccolto, Jens (Frederick Lau, Victoria [+leggi anche:
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), un uomo tedesco dall’aspetto misterioso, emerge dalla foresta e arriva nel villaggio lussemburghese di Schandelsmillen. Sta cercando un lavoro, ma la comunità agricola non sembra intenzionata ad accoglierlo. A un festival locale incontra Lucy (Vicky Krieps), figlia del sindaco, che s’invaghisce di lui. Da quella notte, l'atteggiamento degli abitanti cambia, e Jens troverà un lavoro come agricoltore e un posto dove vivere. Ora viene invitato a tutto ciò che accade nel villaggio, e i locali vogliono che diventi un vero membro della loro comunità. Tuttavia, la sua identità sembra ancora un po’ oscura, e probabilmente non è l'unico a nascondere qualcosa.

Gutland è un film che attraversa diversi generi senza diventare un film di genere puro. E’ astutamente commercializzato come un "film noir surrealista rurale", e questa etichetta gli si addice, poiché elementi di noir, thriller, crime e persino romantici sono mescolati con una pura fantasia dark. La premessa del film sembra piuttosto fantastica, anche se il regista gioca sempre con la percezione della realtà. Il suo eroe arriva in un luogo che sembra perfettamente naturale, ma potrebbe benissimo essere tutta una finzione. Lo spazio occupato da questa "buona terra" è vasto, ma è difficile per chiunque fuggire. Il villaggio sembra una prigione molto grande, eppure chiusa. Jens ha bisogno di un rifugio e di cambiamento, e un villaggio sospettosamente perfetto potrebbe essere il suo purgatorio. Tuttavia, questo paradiso ha alcune regole: o le accetti pienamente o vieni buttato fuori. Non c'è una via di mezzo.

Nell'affrontare le questioni dell'identità e dell'integrazione, Van Maele, che ha anche scritto la sceneggiatura, fa un ulteriore passo in avanti incorporando nella storia un elemento allegorico. L'Europa è pronta ad accettare i nuovi arrivati e gli stranieri? E, cosa ancora più importante, riescono i suoi abitanti ad adattarsi alle nuove abitudini e a guadagnare qualcosa dalla diversità? Purtroppo, finora nulla di nuovo è stato assorbito o rigettato, come accade in Gutland, e il futuro non sembra troppo luminoso.

Sul piano visivo Van Maele gioca con finzione e realtà. Conosce bene la sua patria, quindi dà vita a tutto nel modo più naturale. Girando su pellicola 35mm e in location, il regista e il suo direttore della fotografia, suo fratello Narayan Van Maele, hanno creato un film che si presenta come un documentario che brucia a fuoco lento, dove la fantasia compare in momenti casuali e inaspettati, proprio come il suo eroe. Gutland potrebbe essere una favola radicata nella tradizione dell'Europa centrale, dove la realtà risulta essere molto più orribile.

Gutland è una coproduzione lussemburghese-belgo-tedesca di Gilles Chanial (Les Films Fauves), Olivier Dubois (Novak Production) e Melanie Blocksdorf (Propellerfilm Berlin), con il supporto del Film Fund Luxembourg. La compagnia parigina Stray Dogs gestisce le vendite nel mondo.

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(Tradotto dall'inglese)

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